Il PSD celebra la giornata d’Europa che ricorda la
presentazione, avvenuta il 9 maggio del 1950, del piano di cooperazione
economico ideato da Jean Monnet e divulgato da Robert Schuman. Oggi il pensiero
non può che rivolgersi alla Francia, patria dei due politici citati, e tra i
protagonisti dell’avvento della Comunità Europea.
È dal territorio transalpino che ci giunge infatti una
ventata di novità e di ottimismo per le sorti di quel paese e dell’intero
continente europeo: la vittoria di Macron alle presidenziali francesi
rappresenta appunto questo.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un sentimento di
crescente disaffezione verso le istituzioni europee, un processo alimentato dalla
crisi economica e migratoria su cui populisti e nazionalisti hanno prosperato, conquistando
fette rilevanti di quasi tutto il continente e facendo cambiare l’umore
generale da europeista ad antieuropeista: in questo processo le colpe di un
vero disagio di parti della società, in particolare dei giovani, sono state
convogliate fuori dagli stati nazionali, al livello continentale,
giustificazione comoda per molte parti politiche, ma sostanzialmente errata.
È colpa di Bruxelles, è colpa dell’euro, è colpa della
cessione di sovranità, e così via. Era ed è un errore questa valutazione. Come
pure è stato sbagliato, anche per partiti riformisti, negare un malessere,
sottovalutarlo come se non esistesse: così facendo ci si è alienata larga parte
dell’elettorato che versa in condizione peggiore di quella di un tempo e che ha
necessità di trovare ragione per il proprio status e vie per uscirne.
In questi ultimi mesi per fortuna, e dai ieri speriamo
irreversibilmente, i due errori descritti sembrano superati.
Emmanuel Macron era il più europeista tra i candidati alla
presidenza francese, si è fatto sempre ritrarre con bandiere sia nazionali che
europee, ma ha trasformato una posizione di principio inerte in una sfida da
combattere e da vincere, volgendo al futuro lo sguardo, non facendo prevalere
la paura del non riuscire più a gestire le difficoltà dello stare insieme e
quelle di una montante protesta popolare.
Esattamente l’opposto: il futuro della Francia non può che
essere in Europa, in un’Unione Europea che deve però cambiare, un cambiamento
fattibile e di vantaggio per tutti.
È una grande lezione che è stata accolta con grande favore
dall’elettorato francese che sembrava sbandare paurosamente verso soluzioni di
rimessa, di chiusura, di ritorno ad un mitico e distopico passato che non
ritornerà: non era e non è l’Europa il colpevole di mancanza di lavoro e
sicurezza, in definitiva di una prospettiva.
Il risultato di ieri mostra che se si è in grado di
trasformare in comune sfida e in valori condivisi la piattaforma politica, la
cittadinanza è in grado di apprezzare e di seguire il messaggio.
Perché sia in superficie che in fondo l’idea di Europa di
quei visionari protagonisti di 67 anni fa, era buona. È ancora buona.
San Marino, 8 Maggio 2017 L’Ufficio
Stampa del PSD