Il popolo
britannico nel suo complesso si è espresso per l'uscita della Gran Bretagna
dall'Unione Europea, mentre Scozia e Irlanda del Nord in maggioranza hanno
votato per rimanere in UE. Questa l'unica considerazione chiara in un momento
di grande incertezza sul futuro del continente e sulle scelte che altri stati
potrebbero compiere.
Un processo
che per decenni è andato nella direzione dell'allargamento, oggi inverte il
senso di marcia, l'Europa è ora più piccola sebbene il Regno Unito abbia da
sempre una posizione di maggior indipendenza e non sia uno degli stati
fondatori dell'Unione.
Grave è il
pericolo di scelte che favoriscono il ritorno all'egemonia degli stati
nazionali in un contesto globalizzato, dopo 70 anni di ricerca di una casa per
tutti gli europei e soprattutto di pace in una parte del mondo caratterizzata
storicamente da conflitti sanguinosi e frequenti, che ha dato l'avvio a 2
guerre mondiali nel secolo scorso.
Questo
risultato di concordia, di libera circolazione dei cittadini senza barriere
fisiche, di possibilità di studio e di lavoro allargate oltre al proprio stato
di cittadinanza, la creazione del Parlamento Europeo, eletto dai cittadini
direttamente, una serie di diritti e di doveri condivisi senza ricorso alla
forza, sono le conquiste di oltre mezzo secolo di lavoro diplomatico e
politico.
E'
necessario ripartire da qui e non smantellare la casa, è imperativo darle
connotati più solidaristici, meno tecnocratici, più vicini ai cittadini, non più
nazionalistici. Questa deve essere l'occasione, nella speranza che non
prevalgano solo rabbia e frustrazione, per rivedere le Istituzioni Europee e
ripensare le politiche di iper-liberiste e di austerità, rimettendo centro
dell'attenzione le esigenze delle persone, in particolare quelle che si sentono
escluse da sistemi ritenuti lontani e cinici come quelli europei in questi anni
di crisi e sofferenza per larga parte della società.
Per quanto
riguarda gli effetti sulla nostra Repubblica, non essendo nell'Unione Europea e
non avendo in corso un processo di adesione ma solo di associazione, il PSD
ritiene non debba cambiare la scelta di una maggiore integrazione nel mercato
unico europeo, ovvero quella parte dell'Unione Europea che non è messa in
discussione come le altre istituzioni o la moneta comune. L'accordo di
associazione crediamo possa rappresentare per San Marino, Andorra e Monaco, ma
anche per l'UE, l'occasione per significare che il sogno di un'Europa unita non
solo finanziariamente non si è concluso e sfruttare nel negoziato la posizione
di stati inclini ad una maggiore integrazione.
L’Ufficio Stampa
San Marino,
24 giugno 2016